Avere un atteggiamento aperto sulla malattia mentale è positivo sia per la società sia per la persona interessata, poiché ha la capacità di aumentare l'autostima e contrastare lo stigma. Ma l’aprirsi non è un tutto o niente: decidere a chi, come e quando parlare richiede sensibilità. Lo stesso discorso vale quando un clinico condivide con un paziente una diagnosi come la schizofrenia.
Rivelare un disturbo mentale ha molti vantaggi per la persona interessata. I pro includono l’aumento dell'autostima, la riduzione dell'auto-stigma, il senso di legittimazione, il miglioramento della qualità della vita e dell’accesso ai servizi. Ci sono anche dei vantaggi per la società in generale dal momento che il contatto sociale con le persone che soffrono di malattie mentali è l'antidoto più efficace contro i pregiudizi, ha affermato Sara Evans-Lacko (London School of Economics, Regno Unito) in una sessione del simposio al meeting annuale dell'EPA a Nizza.
Il contatto con le persone contrasta la discriminazione in maniera più efficace della conoscenza
Più che la conoscenza astratta di un gruppo stigmatizzato, è il contatto tra il pubblico e le persone interessate – siano esse definite per sessualità, disabilità, razza o età – che riduce lo stigma e la discriminazione. Lo stesso vale per le persone che hanno un disturbo mentale.
Il contatto sociale aumenta l'empatia e diminuisce l'ansia, portando a una riduzione dei pregiudizi.
Aprirsi è quindi positivo. Ed è incoraggiato da iniziative come il Coming Out Proud negli Stati Uniti, un programma sviluppato da Pat Corrigan e colleghi per aiutare le persone a soppesare i pro e i contro del rivelare i loro problemi di salute mentale, pensare a come meglio sviluppare la loro storia, utilizzare strategie che possono essere di aiuto e ottenere il supporto dei pari per il processo.
Un circolo virtuoso
Poiché l’aprirsi accresce la consapevolezza della società su quanto sia normale avere problemi di salute mentale, rende anche più facile per gli altri dichiararsi, creando un circolo virtuoso che sostituisce il circolo vizioso di segretezza e stigma.
Va anche notato che nascondere i problemi di salute mentale ha dei costi, ha detto la dott.ssa Evans-Lacko. Mantenere segreta la propria malattia mentale aumenta il carico psicologico e ha effetti a catena in termini di relazioni compromesse e problemi di salute fisica. Ma l’aprirsi è un continuo: non si dice tutto a tutti. Il rivelarsi è condizionato da molti fattori.
Quando, come e a chi parlare rimangono questioni delicate
Un diverso tipo di rivelazione – condividere una diagnosi di un grave problema di salute con un paziente – è stato considerato in un meditato discorso di Saeed Farooq (Università di Keele, Regno Unito). Nella medicina, di cosa parlare, quando parlare e come parlare sono sempre questioni importanti. Ma i dilemmi etici e clinici sono particolarmente critici in psichiatria, dato il potenziale stigma coinvolto.
Le diagnosi sono costrutti instabili
Sappiamo dai dibattiti sul Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM), per esempio, che le caratteristiche che contribuiscono ad una diagnosi sono soggette a discussioni su ciò che è normale e ciò che non lo è. Le diagnosi psichiatriche sono costrutti instabili e spesso mancano di coerenza nella loro applicazione attraverso l’assistenza ospedaliera e comunitaria. Nell'area della psicosi, per esempio, in quale fase qualcuno che ha avuto un primo episodio apprende che potrebbe essere schizophrenia?
Diagnosi come la schizofrenia e la demenza hanno implicazioni che cambiano la vita
Questo dilemma è molto evidente anche nel campo della demenza. La diagnosi è più di un procedimento medico. Implica che la persona interessata si sposti in un gruppo sociale completamente nuovo. E questo può avere conseguenze profonde per la salute mentale di questa persona.
Per lo psichiatra, quale sia la migliore pratica per rivelare una diagnosi a una persona è spesso oggetto di dibattito. Un modo per farlo è dare ai pazienti l'opportunità di diagnosticare se stessi. Se si considerano i criteri diagnostici per il disturbo bipolare, per esempio, il paziente ha l'opportunità in ogni fase di dire "sì, sembra proprio il mio caso". Ciò potrebbe valere anche per la schizofrenia, dove le parafrasi del termine sono comuni. Le evidenze suggeriscono che questo gruppo più degli altri riceve i messaggi più ambigui. Sembra che le persone con schizofrenia spesso vengano a conoscenza della diagnosi non attraverso la comunicazione formale ma attraverso la loro esperienza in evoluzione con i servizi di salute mentale.
Il dott. Farooq ha osservato, in conclusione, che forse è tempo che le associazioni professionali in psichiatria istituiscano una Task Force per affrontare le questioni importanti che riguardano la comunicazione di una diagnosi di grave malattia mentale.